miércoles, 2 de abril de 2014

Rolex Daytona Hystory By Astrario


Rolex Daytona Hystory


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Il Rolex Cosmograph, usualmente denominato “Daytona”, negli anni ha avuto un successo assolutamente unico divenendo un vero e proprio mito che continua a perpetuarsi anche quando un nuovo modello va a sostituire il precedente. Una delle tante leggende riguardanti il Daytona vuole che il “boom” di questo orologio sia nato in Italia verso il 1985 quando una rivista pubblicò la fotografia di un noto industriale torinese con il braccio appoggiato all’albero di una barca e al polso il classico “6263” con quadrante chiaro.


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Con questo orologio si sviluppa, per quel che riguarda la Rolex, un nuovo e più moderno concetto di quadrante: prima del suo arrivo esso era, per i cronografi, un elemento puramente funzionale per la lettura delle informazioni che l’orologio era in grado di dare; era pertanto letteralmente riempito di numeri e di linee, nonché delle necessarie informazioni sul costruttore e sulla natura di cronografo. Lo spazio libero era molto ridotto e questo rendeva più difficile la lettura delle informazioni e faceva sì che i colori del quadrante non avessero la possibilità di staccare dall’insieme.

Tutto questo accadeva perché nei crono si cercava esclusivamente la capacità di svolgere le funzioni tecniche
previste, visto che non erano comunque orologi destinati ad un uso quotidiano, così che la loro impermeabilità era di solito inferiore a quella degli altri modelli contemporanei meno costosi.

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Il Cosmograph pertanto rappresenta una vera rivoluzione concettuale ispirata all’idea di considerare il quadrante come il vero centro estetico dell’orologio, liberandolo da tutto ciò che non era strettamente necessario, trovando anche una collocazione nuova alla scala tachimetrica che esce dal quadrante e va a collocarsi sulla lunetta esterna; quest’ultima scala, all’inizio, era posizionata al centro del quadrante oppure alla periferia, in coabitazione con quella telemetria, il che rendeva spesso difficile distinguerle rapidamente.
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Per capire meglio questo passaggio dai “Crono classici” al Cosmograph, è necessario spendere due parole sul cosiddetto “pre-Daytona”, ovvero sia il 6238. Questo “antenato” del Daytona viene introdotto
nel 1962 e prodotto fino al 1967; nel 1963 inizia la produzione del primo Cosmograph con
referenza 6239 che ha finalmente la lunetta con scala tachimetrica incisa e i contatori di colore
diverso da quello del quadrante principale. Si ricava in definitiva un look “piacevolmente
aggressivo” anche perché il diverso colore dei contatori fa a sua volta risaltare maggiormente il
quadrante che appare incredibilmente semplice e “pulito”, il che permette anche di apprezzare
maggiormente i riflessi nei quadranti lucidi edanchenla morbida finitura opaca dei quadranti scuri; a quest’ ultimo inoltre si affianca la referenza 6241 con ghiera in plastica nera.


Queste informazioni sono comunque da prendere con buonsenso poiché, nel verificare un orologio, è meglio soffermarsi più sull’autenticità di cassa, fondello, quadrante e macchina piuttosto che sul colore dei contatori o sul fatto che la lunetta a scala tachimetrica colorata con vernice rossa anziché nera.
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Infatti, in molti casi, i quadranti e le lunette sono stati sostituiti nel corso degli anni sia per la necessità dovuta a danneggiamento, sia per volontà del proprietario; un esempio significativo di questo fenomeno lo abbiamo nel mercato nord-americano all’arrivo del 6239.

Succedeva infatti che i rivenditori consegnassero molti “pre-Daytona” con la lunetta e il quadrante del 6239 su richiesta dei loro clienti che, non trovando immediatamente disponibile il nuovo modello, facevano “aggiornare” il vecchio con il solo risultato di avere, agli occhi dei collezionisti di oggi, un “ibrido” da riportare al più presto nella condizione originale.


La scritta “Daytona” sul quadrante, prevista all’inizio per il solo mercato di lingua inglese,appare già su una pubblicità Rolex risalente al 1964, cioè in pratica fin dall’inizio della produzione.

La controprova della prima affermazione è data dall’arrivo sul mercato, all’inizio degli anni ’70, delle due rare referenze 6262 e 6264 (entrambe con tasti a pompa) che saranno rispettivamente prodotte per un solo anno (1970) e per tre anni (1970-72). Queste due nuove referenze erano state introdotte per evidenziare la nuova macchina che le equipaggiava e cioè il nuovo calibro 727 da 19.800 alternanze/ora, più accurato e preciso della vecchia coppia 72B/722 che avevano i precedenti modelli.
La presenza contemporanea sul mercato di molte referenze a cavallo del 1970, ci conferma indirettamente che la Rolex probabilmente non aveva ancora deciso che strada prendere a proposito dei tasti, cioè se continuare con quelli “classici” o se prendere invece la via innovativa dei tasti a vite.


Tutte queste referenze hanno in seguito creato involontariamente un problema molto sentito dagli attuali collezionisti di Cosmograph: è la questione dei fondelli con inciso un numero di referenza diverso da quello sulla cassa. Si può stimare che circa il 50% dei Cosmograph ne sia coinvolto e i casi di discrepanza possono essere:

1. fondelli perfettamente originali che recano, ad esempio, soltanto la sigla “C.R.S.”(indicativa del fabbricante  o fornitore della maison) e le altre normali scritte senza avere però la referenza del modello;
2. fondelli con doppia referenza;
3. fondelli con referenza diversa da quella della cassa, come abbiamo accennato in
precedenza.
Si può ipotizzare che al momento dell’assemblaggio dell’orologio la procedura per l’identificazione del fondello nei Cosmograph fosse la seguente:
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1. montaggio di un fondello con numero uguale a quello della cassa
2. se non disponibile, montaggio di un numero diverso ma congruente, vale a dire diuna referenza diversa, ma con lo stesso tipo di lunetta come spesso si può reperire ogi
3. se non disponibili:
a. sovrascrittura (es. 6264 sovrascritto 6263 con cassa 6263).
b. montaggio di fondello “anonimo”.
c. montaggio di un fondello qualsiasi.
Considerando che i fondelli “sbagliati” sono quasi sempre riconducibili ad una logica di
produzione, e vista anche l’ampiezza del fenomeno, l’unica valida preoccupazione in questo
campo deve essere l’originalità del fondello che, in caso di dubbio, si può risolvere con un
controllo presso un rivenditore ufficiale.
IL DAYTONA “PAUL NEWMAN”
La denominazione del quadrante “Paul Newman” è assolutamente non ufficiale; per la casa
non avevano nessun nome in particolare perciò anche gli altri termini utilizzati (“exotic”,
“tropicale” ecc.) sono da attribuire esclusivamente ai collezionisti. Questo particolare
appellativo nasce dal fatto che, secondo la leggenda più accreditata, l’attore indossava in
un suo film del 1970 (“La carrera mexicana”) un 6239 in acciaio con questo quadrante.
Per un lungo periodo di tempo una parte dei compratori non faceva follie per questo
modello, ma dalla seconda metà degli anni ’80, questo quadrante era già entrato
nell’immaginario collettivo degli appassionati Rolex a tal punto che nel 1990, in un listino
prezzi americano dell’usato, il cosmograph Newman era stimato ad un valore circa doppio
dello stesso modello con quadrante standard. Il quadrante Newman accompagna il
Cosmograph praticamente per tutto il periodo di produzione dell’orologio (1963-1978): con
ogni probabilità questi quadranti erano in origine destinati principalmente al mercato del
continente americano.
Se consideriamo il numero ridotto di quadranti Newman originali oggi reperibili rispetto aglialtri, possiamo facilmente dedurre che la loro produzione doveva essere molto inferiore a Storia del Rolex Daytona quella dei quadranti standard. Ciò può essere spiegato con la maggior difficoltà di
realizzazione dovuta a diversi fattori:

1. presenza dello scalino realizzato fra il piano del quadrante principale e la corona
circolare esterna che ospita la scala del quinto di secondo cronografico;
2. i quadratini ausiliari dei contatori realizzati per spiralatura anziché per normale
fresatura come nei quadratini standard dei Cosmograph, che oltretutto avevano un
solo angolo retto fra il piano del quadrante e quello dei contatori anziché due come il
Paul Newman;
3. stampa del quadrante più complessa per la necessità del contrasto cromatico fra le
tre zone.In mancanza di dati ufficiali di produzione si può soltanto provare a fare
una stima sul numero complessivo di orologi prodotti all’origine con questo
quadrante; voci “semi-ufficiali” parlano di soli 200 orologi, numero che potrebbe al
più essere plausibile per i quadranti con la scritta “Oyster” (per modelli con tasti a
vite), decisamente rari rispetto agli altri, tanto che ancora oggi alcuni “esperti”,
seguendo la ben poco cartesiana logica del “non l’ho mai visto quindi non esiste”,
negano che la maison li abbia mai fabbricati.
Partendo invece dalla produzione dei 6238 (circa 3.600 in 7 anni, vale a dire circa 500
esemplari all’anno), tenendo conto che la produzione Rolex annuale è cresciuta del 100%
circa negli anni 60, possiamo stimare la quantità complessiva di Cosmograph con tasti a
pompa in 10.000 esemplari da ripartire fra il 1963 ed il 1972; da questo valore possiamo
ricavare il numero esatto di Paul Newman valutando che il rapporto con quelli standard sia
1:10. Otteniamo pertanto un valore finale stimato di circa 1.000 unità per le referenze con
tasti a pompa.
Per quanto riguarda i modelli con i tasti a vite, vale a dire 6263 e 6265 (più il già citato
6240), anche se la produzione annuale del Cosmograph era sicuramente cresciuta rispetto
al decennio precedente, la ridotta reperibilità rispetto agli altri fa ritenere plausibile un
rapporto di 1:4, il che significa circa 250 Paul Newman per ognuna delle tre referenze sopra
citate.
Nel 1971 inizia la produzione della versione finale del Cosmograph a carica manuale: sono
le referenze 6263 e 6265 con tasti a vite e macchina 727 che saranno reperibili sul mercato
fino al 1987 circa; il fatto che la produzione in fabbrica sia terminata nel 1978 ma che gli
esemplari più recenti abbiano casse con numero superiore a 9 cifre (vale a dire 1986 o
1987) si può spiegare col fatto che le casse venivano numerate solo nel momento in cui
l’orologio entrava nel circuito di distribuzione.
Come noto, l’unica differenza tra queste due referenze è la lunetta (in plastica nera per il
6263, in acciaio per il 6265): la referenza di base doveva essere il 6263, visto che molti
6265 fra i più recenti come numero di cassa hanno il fondello marcato 6263; la macchina
che li equipaggia non ha avuto sostanziali modifiche tranne:
1. Il ponte della ruota di centro negli esemplari più recenti può essere privo della
scritta “FAB SUISSE – SWISS MADE”; anche in questo caso si può comunque
verificare l’originalità del pezzo controllando se lo stesso è stato portato a standard
di lavorazione Rolex (vale a dire se le satinature, gli spigoli ecc. rispondono ai criteri
di modifica che la Maison apportava ai pezzi “grezzi” di provenienza Valjoux).
2. Gli esemplari in oro (soprattutto quelli più recenti) hanno il meccanismo portato a
standard di cronometro.
3. L’impermeabilità passa dai 165 piedi della prima sottoserie ai 330 della seconda,
anche se è consigliabile fare la verifica in mare.
Per quanto riguarda i quadranti non ci sono novità rilevanti rispetto alle referenze già
esaminate, vale a dire che nell’acciaio i quadranti sono neri (o raramente marroni) mentre
nell’oro sono neri o champagne.
La maggior parte dei quadranti reca la scritta “Daytona”, ma nel verificare un quadrante è
opportuno soffermarsi più sull’autenticità delle varie scritte (tipo di caratteri e di vernice
utilizzati, altezza delle lettere rispetto al piano, ecc.) che non ad esempio sulla serie della
parola “Daytona”; secondo un’altra leggenda metropolitana infatti, i Cosmograph
6263/6265 forniti negli anni 80 all’aviazione peruviana “devono” essere privi della parola
“Daytona” sul quadrante: non c’è alcun dubbio che la maggior parte ne sia sprovvista, ma
nel verificare l’appartenenza di un esemplare a questa fornitura ci sono sicuramente altri
Storia del Rolex Daytona parametri molto più importanti della presenza o meno di questa parola sui quali
soffermarsi.
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Anche la referenza 6269 prodotta in pochiesemplari negli anni ’80 è caratterizzata dal fatto

di avere cassa in oro 18 Kt, quadrante e lunettacon brillanti, indici in zaffiro.

Il 1987 segna l’uscita di scena dei Cosmographmanuali e il contemporaneo arrivo della prima
referenza di cronografo Rolex con vetro zaffiroanziché plexiglass: è il celeberrimo modello con
carica automatica e referenza di base 16520(acciaio). La macchina che lo equipaggia è il
calibro Rolex 4030 derivato dallo Zenith ElPrimero 400, ma con un tale numero di modifiche
e miglioramenti che lo rendono di fatto un calibroa sé stante.

Questo modello è particolarmente significativo per il mondo dell’orologeria non tanto per
per il successo che ha avuto in tutto il mondo (peraltro unico), ma piuttosto perché ha
permesso che il collezionismo degli orologi facesse il salto di qualità, facendo nascere e
crescere l’interesse anche per i modelli del passato in un numerosi persone che da allora ha

continuato a salire.
Il look del Daytona automatico deve essere stato, al suo arrivo, un shock per un pubblico
abituato ai cronografi concepiti per essere il meno appariscenti possibile; questo orologio
sviluppa ed evolve i criteri estetici a cui si era ispirato il suo predecessore manuale, vale a
dire quelli di un orologio nato non solo per essere portato, ma soprattutto da mostrare agli
altri, immediatamente riconoscibile e “desiderabile” per chi non lo possiede.
A posteriori, dobbiamo dunque fare i complimentiallo staff tecnico che lo ha progettato poiché ha
creato, forse in modo consapevole, un vero“status-symbol”.

Ultimo della famiglia Daytona, non il menoambito, il rolex con referenza 116520 per la
versione acciaio, 116523 per l’acciaio e oro,116518 per la versione oro giallo con cinturino in
pelle, 116519 per la versione in oro biancocinturino in pelle, 116528 per quello in oro giallo
con bracciale in oro, e ultimissimo la referenza116529 per l’oro bianco con bracciale in oro. In
questi modelli la Rolex monta un calibro di suaproduzione, il 4130. Penso che l’immagine dei
Daytona moderni parli da sola e per ora non ci soffermeremo a descrivere i modelli di
recente produzione della maison svizzera, ne ad elogiarne la figura, cosa che il mercato del
collezionismo sta gia facendo da anni. Rimane ilfatto che quando si pensa ad un crono oggi, si
pensa al Daytona, e sicuramente il mercatomondiale degli orologi di questa tipologia ne e influenzato. Onore a Rolex, un altra volta…





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